La recensione più positiva
5,0 su 5 stelleOltre i preconcetti
Recensito in Italia il 14 giugno 2024
Ho resistito a lungo, nonostante quegli occhi mi osservassero ostinati dal luogo dell’abbandono, prima di costringermi ad aprire questo libro. L'ho fatto, infine: appena un piccolo morso, come si fa con una mela da troppo tempo in credenza. L’ho tenuto sulla lingua ancora un po’, prima di addentarlo davvero, decisa.
Immaginavo che dietro la Avallone ci sarebbe stata una storia forte, un argomento da meditare, da tenere dentro a covare, fino a lasciare schiudere quei semini che dalle pagine abbiamo lasciato cadere in qualche luogo dentro di noi.
Un libro è sempre un viaggio: in altri luoghi, in altre menti e anime, in altri punti di vista. Talvolta è un viaggio dentro sé stessi, un frugare tra verità e preconcetti, uno spostare quei solidi paletti piantati con inaudita leggerezza tra i neuroni deputati alla comprensione.
Una colpa grave, indicibile, compiuta nel fluttuare di un’adolescenza difficile, ma che non ammette perdono, dimenticanza.
Una macchia d’inchiostro nero, assolutamente indelebile, su di un abito che era uno sbocciare di peonie digradanti dal rosa più tenue al fucsia, su sfondo bianco. Che se ne può fare? Potremmo farne stracci da spolvero, oppure: ritagliare la stoffa, cucire una pezza, aggiungere un decoro, persino dargli una nuova forma e farne un vestito ancora più bello, da indossare nuovamente. Ma per fare questo serve l’immaginazione, la perizia di una brava sarta, l’eccellenza di una ricamatrice e l’incoscienza di crederci: avanti, si può fare!
Nessuno si salva da solo; accanto si deve avere chi sostiene, chi incoraggia e soprattutto propone nuove strade da percorrere.
Questo romanzo è una lezione di ciò che dovrebbe davvero essere la società civile. Ci avverte che neppure per gli errori più grandi dovrebbe esistere solo la condanna; ci svela che già esistono cuori che l’hanno compreso, in grado di ignorare il “bolo nero” e con forza, tenacia, determinazione dare forma a un’utopia. Ci parla dell’empatia più difficile, quella verso il colpevole grave, che non è prevista né tollerata. Eppure le pagine sono piene di personaggi che sono in grado di provarla. È innata nell’anima pura del Basilio; tormentata per quella altrettanto limpida di Bruno; resiliente nel padre; necessaria per le varie figure che lavorano al Minorile. E la si può conquistare se decidiamo di percorrere il dolore dell’altro.
Brava la Avallone a farmela comprendere, col suo tocco sapiente, con parole misurate ma decise, con lo svelamento calibrato e la narrativa fluente, venata di concretezza e di poesia.
Mi è piaciuta la scelta di affidare la voce narrante al coprotagonista e il ritmato avvicendarsi della storia dell’uno e dell’altra, su di un filo che non ti lascia perdere il segno. E ho osservato perplessa l’uso impudente dei due punti, l’interpunzione più rigida della grammatica; poi mi son data pace perché lo scrivere è anche questo, violare le regole e raggiungere nuovi equilibri.
“Cos’è una famiglia? Non te lo so dire Adelaide.……… Una famiglia è una fune, Adelaide. Un cavo d’acciaio che ti tiene, qualunque cosa accada. Ti impedisce di perderti e dissolverti perché tu, in quell’aggancio, sei stato amato”